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Musicamanovella - L'Amore  Cieco o ci Vede Poco

lunedì 7 gennaio 2008

RACCONTO

in occasione del fatidico giorno 7 gennaio, giorno di ritorno nelle case universitarie degli studenti fuorisede, pubblichiamo un nuovo racconto: L'Ultimo Esame dedicato a tutti gli studenti universitari fuorisede e alle loro notti insonni.

L’ultimo esame.
di Rocco Spagnoletta

Le macchie di caffé avevano disegnato un’Africa sulla cucina. Era una di quelle cucine vecchie con il forno a gas che noi studenti moderni utilizzavamo come stufa nelle fredde serate di inverno universitario.
Fumavo e studiavo e bevevo caffé.
Avevo l’ultimo esame all’università!
Cazzo l’ultimo!! Quel fottuto esame che mi ero portato dietro da migliaia di anni ormai e che era diventato l’ultimo insormontabile muro di Berlino che separava un ragazzo mai cresciuto da un figlio promettente e soddisfacente.
“Ma che cazzo me ne fotte… se lo faccio st’esame lo faccio altrimenti tandacazz! Come tutti gli altri!!”
Poi ci ripensavo! Era come la storia dei 99 cancelli scavalcati e al centesimo no, non ce la faccio torno indietro!
“E’ l’ultimo dai! Hai passato pure lo scritto!”
E mi accendevo un’altra sigaretta e sfogliavo quel libro come facevo sempre prima di ogni esame: pagina dopo pagina e ogni pagina pensavo: questo lo so questo lo so e questo pure… in realtà non era vero, non sapevo un cazzo ma questo rito mi dava coraggio.
“Torni a settembre!”

”Ma, professore, è l’ultimo esame, ho già la tesi pronta, poi a settembre dovrei rifare anche lo scritto!”

”Non sono problemi miei! Ci vediamo a settembre!”

”Professore ma…..!”

”La prego non mi faccia perder tempo che ho altri 432 studenti da esaminare! VADA!!”
Immaginavo questa scena. E intanto mi accendevo un’altra sigaretta e provavo a fare una dimostrazioni su quel quaderno che chiamavo “IL QUADERNO” perché dal primo anno era il quaderno di tutte le materie, universitarie e non! Era uno di quei quaderni ad anelli con dentro mille fogli e mille post-it. C’erano numeri di telefono, indirizzi e-mail, indirizzi di posti, nomi di locali, accordi di canzoni, grafici di Economia Politica, nomi di donne e titoli di film. Molti di questi erano collegati tra di loro, avevano un segnato percorso logico tipo luogo-canzone-donna-numero ma vattelo a ricordare.
Piuttosto che cercare di studiare mi risfogliavo IL QUADERNO.
Poi accendevo lo stereo e pensavo… e immaginavo:
“Va bene 18? Accetta?”

”Benissimo!!! Scriva scriva!!”

E via verso l’estate senza aprire un libro ma soprattutto senza pensare alla sessione autunnale: il vero dramma dello studente universitario! Magari! E poi ripensavo al “TORNI A SETTEMBRE”… il mio incubo!
Nelle cuffie quel cantante che nessuno conosceva cantava:
“Sulla pelle ti ho tatuata/ Come un crotalo per farmi ricordar..”
“Un CROTALO? Che cazzo è il crotalo?” e via a cercare sul vocabolario “crotalo” e poi ancora a tentare un’improbabile dimostrazione.
“Il montante è la risultante… uff!!… sarebbe bello organizzare un concerto di questo a Pignola! … dato un tempo T in T+1 il montante è uguale a … i soldi dove cazzo li prendiamo?”
Avevo un sonno tremendo risultante dalla serata precedente al locale più la levataccia mattutina dovuta al rimorso per avere l’esame e non avere fatto un cazzo per qualche mese.
Vaffanculo a interessi e montante e mutui e professore bastardo di Matematica Finanziaria!!
Me ne andai a letto pensando “magari domani mattina mi alzo presto e a mente lucida mi resta tutto impresso… tatuato come un crotalo per farmi ricordar.”
Spensi lo stereo e misi la sveglia alle 5 preventivando che avrebbe suonato per due ore senza che la sentissi e che almeno per le 7 mi sarei alzato. Noi giovani studenti di qualche anno fa avevamo le sveglie vere, non i telefonini. Molti ragazzi delle nuove generazioni non hanno idea del suono fastidioso della sveglia, di quella sveglia che si programmava mettendo la stanghetta rossa sull’orario preciso e che suonava all’ora stabilita ed esattamente dodici ore dopo. Non era mica il telefonino! Misi la sveglia sul divano a tre metri dal mio letto in modo tale da essere costretto ad alzarmi per non rischiare di spegnerla e riaddormentarmi, gesto che ero solito fare nelle occasioni più importanti della mia vita.
Faceva caldo. La finestra era aperta come ogni notte d’estate. Non era troppo tardi. Forse Marzullo non era neanche iniziato. Ma avevo sonno e infatti come infilai il viso nel fosso facciale del mio cuscino mi addormentai.
Dormii 12 minuti esatti.
Mi svegliò grancassa e charleston di uno di quei pezzi house che era solito sparare a palla il mio dirimpettaio: un DJ stronzo. Avete presente i cartoni animati di Tom&Jerry quando il disegnatore (un genio a mio parere), per dare l’effetto visivo della musica, dava la forma degli strumenti al faccione di Tom e li faceva suonare a tempo? Ecco, io mi sentivo come Tom di Tom&Jerry quando il disegnatore gli suonava la testa.
Mi alzai e chiusi la finestra ma alla housemusic si aggiunse il vibrare dei vetri. Mi alzai e la riaprii. Mi affacciai. Gli urlai di abbassare il volume. Non mi sentì. Mi rassegnai. Tornai in cucina. Guardai l’Africa, mi feci un caffè, schiacciai PLAY sul cd, mi accesi una sigaretta e riaprii IL QUADERNO.
Alle 5 finì la musica.
Mi dissi: “quando faccio una festa a casa mia, a mezzanotte e un minuto arriva la polizia e a sto stronzo nessuno gli è andato a rompere il cazzo!!”
Alle 7 lavato e profumato e con indosso la maglia degli esami (feticcio portafortuna) presi l’ultimo caffè, presi IL QUADERNO e le chiavi e uscii di casa direzione Università.
Mentre aspettavo l’ascensore pensai a quello stronzo che mi aveva fatto stare sveglio tutta la notte. Uscii dal portone ed entrai nel portone successivo. Salii fino al terzo piano, dove abitava lo stronzo, e mi attaccai al campanello. Dopo 10 minuti di un fastidiosissimo drin continuo e ondulante, come se si stesse scaricando una qualche batteria al suo interno, lo stronzo venne ad aprire in mutande e pieno di sonno.
“Chi è? Ah sei tu, ma che ore sono?”

”Le sette!”
“E che vuoi alle sette?”
“Niente!”

”E allora che cazzo mi hai svegliato a fare?”

”Ti volevo solo fare i complimenti per quel pezzo house che hai mixato stanotte!”


Tirai la porta chiudendola e lo lasciai a bestemmiare sul pianerottolo, fuori di casa, assonnato e in mutande come un crotalo per farmi ricordar mentre io andai a fare quel cazzo d’esame!

3 commenti:

Anonimo ha detto...

bello.
crei atmosfere anche quando scrivi.

Anonimo ha detto...

fantastico

Anonimo ha detto...

scrivere è l'unica cosa che mi risulta semplice!
grazie ancor!